IL TRATTAMENTO DEI DISTURBI DELL’UMORE

di Susanna BenassiIntervista al Dr Luca Maggi,Psichiatra e Psicoterapeuta
La grande varietà delle manifestazioni cliniche dei D.U rende necessario un altrettanto variegato repertorio di strategie terapeutiche costituito dall’impiego e dalla combinazione di psicofarmaci, psicoterapie e terapie fisiche.
In cosa consiste il trattamento farmacologico dei D.U?
In estrema sintesi, oggi abbiamo a disposizione farmaci ad azione antidepressiva, antimaniacale e stabilizzanti del tono dell’umore.
Parliamo dei farmaci antidepressivi… Che tipo di medicinali sono?
I farmaci antidepressivi sono un insieme di medicinali commercializzati a partire dagli anni ’50 molto differenti tra loro nel meccanismo di azione e in merito agli effetti collaterali.
Come agiscono e in che tempi?
In parole semplici, il meccanismo d’azione è caratterizzato dall’aumento delle concentrazioni delle monoamine (ad es. serotonina, noradrenalina, dopamina, neurotrasmettitori che veicolano informazioni tra le cellule del sistema nervoso) con conseguente aumento della loro disponibilità in particolari aree cerebrali. Questa maggiore concentrazione di neurotrasmettitori attiva una serie di eventi a cascata che, nell’arco di 2-3 settimane, producono l’effetto terapeutico. In sostanza potremmo dire che gli antidepressivi, altro non sono che una sorta di “concime” la cui funzione è quella di “fertilizzare” aree del cervello “inaridite”.
Quali sono state le novità più evidenti nel campo degli antidepressivi, nel corso del tempo?
Negli anni ’80 l’introduzione della Fluoxetina (Prozac) ha rappresentato una vera rivoluzione nel campo della terapia della depressione. Questo perché gli antidepressivi serotoninergici, dei quali la Fluoxetina è il capostitpite, in termini di “maneggevolezza”, effetti collaterali ed efficacia hanno rappresentato un notevole ampliamento del bagaglio terapeutico a disposizione, non solo dello psichiatra, ma anche degli altri specialisti e del medico di famiglia. Si tratta di farmaci che possono essere somministrati una volta al giorno, con scarsi effetti collaterali rispetto ai primi antidepressivi (inibitori delle monoaminossidasi e triciclici) e con uno spettro d’impiego che va ben oltre quello del trattamento della depressione. Ciò ha permesso di curare anche soggetti interessati da forme depressive o ansiose di lieve entità che non richiedevano aiuto allo psichiatra. Infatti, uno dei maggiori prescrittori di questi medicinali è il medico di medicina generale.
Questi farmaci curano soltanto la depressione?
Assolutamente no, infatti, sono indicati anche nel trattamento dei disturbi d’ansia, nel disturbo ossessivo-compulsivo e nella bulimia nervosa.
I farmaci antimaniacali invece che caratteristiche hanno?
Questi farmaci hanno un’azione opposta rispetto agli antidepressivi e generalmente tendono a bloccare il sistema dopaminergico. Anche in questo caso, a partire dagli anni ’50, epoca in cui veniva messa in commercio la clorpromazina, primo farmaco neurolettico (antipsicotico), si sono succeduti molti altri farmaci con meccanismi d’azione anche differenti.
Quali sono state le “novità” terapeutiche conseguenti all’uso di questi farmaci?
L’introduzione di questi farmaci ha consentito una migliore gestione dei pazienti eccitati (agitazione psicomotoria) e della sintomatologia psicotica (deliri e allucinazioni). È innegabile che la chiusura degli ospedali psichiatrici (legge 180/78) sia stata possibile anche grazie all’esistenza di questi farmaci.
E gli stabilizzanti dell’umore che tipo di medicinali sono?
Il farmaco più conosciuto di questa classe è il “litio”, un sale che somministrato in dosi terapeutiche produce un azione antimaniacale e stabilizzante dell’umore. È indicato nel trattamento di mantenimento del Disturbo Bipolare e, più raramente, della Depressione ad elevata ricorrenza.A distanza di molti anni dalla sua introduzione sul mercato, rimane un farmaco essenziale, da alcuni considerato “salvavita”, nella cura dei D.U. Ad oggi, è l’unico farmaco ad aver dimostrato delle evidenze di efficacia nella prevenzione suicidaria. Purtroppo, di rado e in particolari condizioni cliniche, può provocare intossicazioni e per questo motivo deve essere assunto sotto stretto controllo medico.
Quali altri farmaci vengono impiegati oltre al litio?
Oltre al litio esistono vari farmaci ad azione antiepilettica che vengono impiegati con successo nella terapia di mantenimento dei D.U, in particolare l’Acido Valproico, la Carbamazepina e la Lamotrigina. Il meccanismo d’azione di questa classe di farmaci rimane ancora poco noto e non è chiaro se sia riconducibile all’azione antiepilettica.
Qual è il ruolo delle psicoterapie nel trattamento dei D.U?
Innanzitutto è necessario fare una distinzione tra le psicoterapie indicate nel trattamento della depressione rispetto alle psicoterapie dedicate ai disturbi bipolari.Nelle forme depressive di lieve/media entità, le evidenze della ricerca ci dicono che è possibile impiegare la psicoterapia in monoterapia con discreti risultati. Inoltre, è indicato iniziare il trattamento con la psicoterapia o la terapia farmacologica sulla base delle preferenze del paziente ed associarle in un secondo momento in caso di risposta parziale.Utilizzando questa strategia, cosiddetta “sequenziale”, si ottengono delle percentuali di successo migliori rispetto alla monoterapia oppure alla combinazione da subito dei due interventi.
Per quale motivo questa strategia “sequenziale” produce migliori risultati?
A livello biologico, tale strategia è sostenuta dal riscontro di siti di azione cerebrali differenti per la farmacoterapia e per la psicoterapia che, pertanto, avrebbero un’azione complementare. Nella depressione di severa entità la farmacoterapia è necessaria e più efficace rispetto agli interventi psicoterapici.
Può farci un esempio?
Per spiegare meglio questi concetti facciamo l’esempio di una depressione insorta in seguito alla fine di una storia sentimentale importante oppure dopo la perdita del lavoro, situazioni che capitano di frequente nella pratica clinica e che generalmente rispondono a psicoterapie brevi (12-20 sedute a cadenza settimanale) quali la psicoterapia interpersonale della depressione e la terapia cognitivo-comportamentale. Questi interventi psicologici hanno in comune la breve durata, l’atteggiamento del terapeuta (empatico e supportivo), la condivisione di un focus d’intervento, l’attenzione al “qui ed ora” piuttosto che al passato ed il rifarsi costantemente alla cornice teorica di riferimento.
Quindi, in in cosa si concretizza il lavoro dello psicoterapeuta, in questi casi?
Nei casi sopramenzionati, secondo la formulazione della psicoterapia interpersonale, siamo in presenza di una “transizione di ruolo”, ovvero, di un passaggio (spesso non desiderato) da una situazione di vita ad un altra. Tutte le transizioni di ruolo richiedono buone capacità di adattamento, adeguate risorse psicologiche ed ambientali e comportano comunque un certo grado d’instabilità e inquietudine. Si pensi al passaggio dall’adolescenza all’età adulta, da single a sposati, da lavoratori attivi a pensionati, allo svolgimento del servizio di leva, al divenire madre, ecc. Il terapeuta lavorerà insieme al paziente per cercare di superare la sfida che l’evento di vita pone attraverso strategie e tecniche d’intervento ben definite.
Per quanto riguarda invece la terapia dei disturbi bipolari?
Gli interventi psicosociali per i disturbi bipolari sono divisi in psicoeducazione e psicoterapie propriamente dette e si affiancano sempre al trattamento farmacologico. La psicoeducazione nel disturbo bipolare è essenziale, può essere svolta individualmente o (meglio) nel setting di gruppo. Ogni psichiatra o psicoterapeuta che pone diagnosi di Disturbo Bipolare dovrebbe essere in grado di praticare un efficace intervento psicoeducativo fin dalla prima visita.
Che tipo di programmi di psicoeducazione vengono adottati in questi casi?
Oggi sono disponibili programmi di psicoeducazione di provata efficacia, quale ad es. quello nel setting di gruppo proposto da Francis Colom e collaboratori, principalmente mirati a migliorare la consapevolezza di malattia, favorire l’aderenza alla terapia farmacologica, riconoscere i sintomi iniziali di ricaduta, regolarizzare i ritmi di vita e sostenere i familiari. In termini di costi/efficacia, la psicoeducazione di gruppo sembra il miglior approccio terapeutico poiché riduce l’incidenza delle ricadute ipo/maniacali, aumenta la durate dei periodi di remissione e migliora l’aderenza alla terapia di mantenimento.
E riguardo alla psicoterapia invece?
Per quanto riguarda la psicoterapia, gli interventi attualmente più studiati ed in corso di valutazione sono la terapia interpersonale e dei ritmi sociali del disturbo bipolare, la terapia cognitivo-comportamentale per il disturbo bipolare e la terapia focalizzata sulla famiglia per il disturbo bipolare. Questi tre interventi si sono dimostrati superiori in termini di efficacia, miglioramento del funzionamento lavorativo e soddisfazione personale rispetto ad un trattamento di controllo essenzialmente costituito dalla gestione psichiatrica usuale in un importante ricerca multicentrica negli USA (Studio STEP-BD, Sachs et al., 2003).
Cosa s’intende per “terapie fisiche”?
Riguardo alle terapie fisiche, la più conosciuta è indubbiamente la terapia elettroconvulsivante (TEC), denominata impropriamente “elettroshock”. Si tratta di una trattamento di dimostrata efficacia nell’episodio depressivo maggiore, maniacale e misto. Attualmente è principalmente impiegata nei casi di depressione resistente al trattamento farmacologico o in particolari e complessi quadri psicopatologici. L’efficacia terapeutica delle crisi epilettiche spontanee sulla depressione e altri quadri psichiatrici era nota dall’antichità. Pertanto, agli inizi del 20° secolo si è tentato di provocare crisi epilettiche con l’insulinoterapia (“coma insulinico”, assai rischioso), con farmaci (cardiazol) che però non erano prevedibili, infine, nel 1938 Ugo Cerletti inventò la TEC insieme a Lucio Bini.
In cosa consiste il trattamento TEC?
In sostanza si procura una crisi epilettica generalizzata attraverso il passaggio di una corrente elettrica tramite due elettrodi posizionati a livello temporale bilaterale. Il trattamento viene ripetuto mediamente 2 volte a settimana per raggiungere 6-12 applicazioni complessive e si effettua in regime di Day-Hospital o di ricovero. Attualmente viene praticata in anestesia generale (di breve durata), associata a farmaci rilassanti neuromuscolari e con macchinari computerizzati di ultima generazione. La crisi epilettica può essere riscontrata unicamente con l’elettroencefalogramma poiché il paziente curarizzato non ha le convulsioni.
Quali sono le altre terapie “fisiche”?La Light-therapy (terapia luminosa, fototerapia) consiste nell’esporsi per diverse ore al giorno, preferibilmente al mattino, a lampade che simulano l’intensità luminosa solare ed è indicata nelle depressioni ad andamento stagionale (autunno/inverno).Altre terapie fisiche sperimentali e in corso di validazione per la depressione maggiore resistente al trattamento sono la stimolazione magnetica transcranica, la stimolazione cerebrale profonda (Deep Brain Stimulation), la stimolazione transcranica in corrente continua e la stimolazione del nervo vago.
Note biografiche
Il Dr. Luca Maggi è nato il 22/04/67 a Viareggio (LU), si è laureato in Medicina e Chirurgia presso Università di Pisa nel 1993, nel 1999 ha acquisito la Specializzazione in Psichiatria e nel 2005 il Dottorato di Ricerca in Neuropsicofarmacologia clinica presso la medesima Università. Ha svolto diversi contratti libero-professionali presso la Clinica Psichiatrica di Pisa come: a) Direttore Medico di una studio multicentrico internazionale finanziato dal NIH, dal 2003 al 2008, b) consulente psichiatra interdipartimentale, dal 2002 al 2009, c) supporto all’attività intramuraria in regime di ricovero del prof. G.B. Cassano, dal 2003 al 2005. In ambito accademico è stato coordinatore e tutor del master universitario di II livello in “Psicoterapia integrata ad orientamento interpersonale” dal 2007 al 2011. E’ co-autore di diverse pubblicazioni scientifiche su riviste nazionali e internazionali. Attualmente ricopre l’incarico di Direttore Sanitario presso la struttura terapeutico-riabilitativa per disturbi dell’alimentazione “Villamare” a Lido di Camaiore (LU).

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