I miei capelli per chi lotta contro il cancro

di IRENE TARABELLA

Oggi è il mio compleanno, il venticinquesimo, e, per questa quartasecolare occasione, ho deciso di fare un regalo ad una donna che non conosco: le ho donato i miei capelli.

I miei capelli, infatti, verranno spediti ad un’azienda di Palermo, specialistica nel settore, dove saranno lavorati per creare una parrucca che servirà a rendere un po’ più lieve la chemioterapia di quella ragazza che io non conosco.

Tramite l’associazione “Banca dei Capelli”, il primo marzo scorso ho preso appuntamento per la donazione (volevo essere sicura di tagliarli il 24 di marzo) con uno dei parrucchieri convenzionati con l’associazione – in Toscana, al momento, sono tre e si trovano a Livorno, Firenze e Grosseto, – ma i capelli si possono spedire anche da casa. La donazione fa parte del progetto “Contro il cancro, mettici la testa!”.       
I requisiti dei capelli sono semplici: devono avere una lunghezza minima 25cm; se sono tinti, devono essere di un unico colore; non devono presentare meches, colpi di sole o quant’altro.

In quest’occasione, ho scoperto inoltre che è possibile estendere l’iniziativa anche nel proprio comune. Nel mio caso, Pietrasanta. Ed è per questo motivo che sono in diretto contatto con Francesco Chimienti, presidente dell’associazione “Banca dei capelli” e assessore al sociale del comune di Acquaviva della Fonte (Ba) – dove ha sede l’associazione “Banca dei capelli” – per promuoverla anche da noi. Il Presidente dell’associazione mi ha assicurato che le parrucche verranno donate a chi ne ha bisogno per motivi oncologici, donne, ragazze e bambine. Senza alcun lucro dietro.

Oggi ho donato tre anni di capelli, ho fatto un taglio dove ci devo fare ancora l’occhio. Risultato? Sto bene dentro. Mi sento di aver aiutato in qualche modo una persona in un percorso molto difficile.

Ho sempre portato i capelli lunghi, quasi all’ombelico, con me i parrucchieri andrebbero in fallimento.

Ma per il mio quarto di secolo ho deciso donarli. Certo, per fare un gesto bello nei confronti di chi sta soffrendo, in ricordo di chi non ce l'ha fatta e per contribuire ad alleviare la sofferenza. Ma soprattutto l'ho fatto per sentirmi meglio perché almeno una volta si possa fare, invece di dire. 

L'ho anche fatto per gettare un seme, perché qualcun altro possa prendere spunto dal mio gesto, come io ho fatto vedendo altri che lo hanno fatto prima di me. L'ho fatto per chi non può più correre, per i genitori di chi non può più sognare. 

Vivo sempre con il sorriso in faccia, anche quando non servirebbe, spero di regalare un sorriso a chi più di me ne ha bisogno.

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