CHARLIE HEBDO: QUANTA IPOCRISIA…

Ipocrisia. La strage nella redazione parigina della rivista satirica Charlie Hebdo è intrisa, nei suoi contorni, da commenti e prese di posizione ipocrite. E questo accade, perché non siamo eccezione, anche nella nostra piccolissima Versilia "Libertà di pensiero e di parola" gridano alcuni che poi sono gli stessi che per un articolo di banalissima critica replicano calunniando il giornalista di turno cercando il supporto, misero, dei pochi cortigiani sparpagliati sui social network. Nello scorrere dei commenti e nelle parole che ascoltiamo in queste ore, ci sono poi coloro che azzardano confronti, evocando la censura in Italia per rapportarla alla strage di Parigi. E dimenticano, volutamente, nel farlo che in Italia, al limite, vanno in scena delle farse, là si spara, si uccide per una vignetta. E quanta ipocrisia in chi ostenta oggi "Je suis Charlie Hebdo": fino a ieri i 'cazzari' vignettisti parigini – erano stati loro a definirsi cazzari – venivano etichettati da molti come 'fomentatori di violenza'. Sproloqui gridati, a suo tempo, anche da qualche attempato vignettista nostrano offuscato dall'ideologia. Ci sono poi gli ipocriti che non valutano il fatto in sé, una strage nel nome di un fondamentalismo islamico che appartiene ad una minoranza, ma che in quanto minoranza ha il potere di terrorizzare: no, i tuttologi con la pancia gonfia di rutti mentali mai evaporati, non riescono proprio ad ammettere che esista un problema con una parte di mondo e ribadiscono che è tutta colpa dell'Occidente – che ha le sue accertatissime responsabilità in un contesto più ampio – e che anche la religione cattolica, con le Crociate, uccise 'nel nome di Dio'. Secoli e secoli passati invano, a sentire questi ragionamenti: che tristezza. La verità è che sono state uccise delle persone perché disegnavano vignette. Punto. Che poi erano vignette talvolta divertenti, altre volte insignificanti, altre volte ancora che potevano certamente ferire le diverse sensibilità. Perché quelli di Charlie Hebdo volevano, con la loro satira, offendere. E spesso ci riuscivano. E nel farlo, in modo, condivisibile o meno, legittimavano una libertà. Anche quella, ovviamente, di essere ipocriti.

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