IMPRIGIONATI NELLA PIETRA GLI SCHIAVI DI MICHELANGELO

di SUSANNA BENASSI Nella storia dell'arte "il non finito" michelangelesco e' divenuto un mito come mitica e' la figura del grande artista toscano. La critica ha ipotizzato numerose e diverse interpretazioni circa le motivazioni che avrebbero indotto lo scultore a lasciare incompiute alcune delle sue opere. Come sempre accade, le tesi,di origine psicologica, o meno si sprecano, rincorrendosi, o entrando in contraddizione l'una con l'altra. L'ovvietà di un abbandono della lavorazione,dovuto a cause contingenti, o ad una mancata soddisfazione nella resa estetica,e' forse la spiegazione più probabile, anche se indubbiamente meno "romantica" che si possa dare.Ciò non toglie nulla al talento artistico di Michelangelo, la cui tecnica consisteva nel delineare nel "suo intero", il soggetto che il blocco stesso gli suggeriva. Questo modo di procedere fa si che  anche un semplice "abbozzo" acquisisca una propria identità artistica ben definita e riconoscibile seppure lasciata incompiuta. La sua maestria nel riprodurre il corpo umano e le tensioni muscolari proprie di posture specifiche e' ancora più evidente in questi lavori non finiti, nei quali però il movimento e' incredibilmente presente. Se molto resta ancora da spiegare circa il mancato compimento di diverse delle sue sculture, sappiamo invece, perché testimoniato da fonti storiche che i quattro  famosi Prigioni ("Prigioni Fiorentini"),custoditi presso la Galleria dell'Accademia a Firenze, commissionati all'artista e destinati ad adornare la tomba di Cosimo II, restarono  abbozzate poiché la committenza abbandono' il progetto (1542),più volte modificato nel corso della trattativa. L'ordine definitivo, poi sospeso, prevedeva la realizzazione di sei schiavi, due dei quali furono completati (1513) prima dello stop finale e si trovano oggi al Museo del Louvre di Parigi.La grandezza artistica del Maestro si evidenzia nella delineazione di figure accennate che paiono volersi liberare dalla materia, agitandosi con movimenti impastati, ma carichi di tensione fisica ed emotiva. Il soggetto stesso – lo schiavo- e' per sua natura ostacolato, sottomesso, represso e impedito nell'esternazione di se stesso. Queste caratteristiche che certamente l'artista aveva in animo di raffigurare, risultano paradossalmente amplificate dallo stato interrotto del processo scultoreo, rendendo ancora più marcato il senso di "prigionia" dei corpi immersi nella pietra  che si contorcono spasmodicamente nell'intento di liberarsi.La "grandezza" tecnica di Buonarroti si palesa proprio nel "non finito" a prescindere dal quale, il risultato e' comunque un'opera compiuta con una sua specifica identità espressiva.

-"Schiavo Ribelle" e "Schiavo Morente" – Museo del Louvre di Parigi
-"Schiavo che si ridesta", "Schiavo detto Atlante", "Schiavo Barbuto", "Schiavo giovane" – Galleria dell'Accademia, Firenze 

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