di SUSANNA BENASSI L'Inverno è la stagione del "riposo" e l'ultima fase di un ciclo perenne che sistematicamente si ripete.Tutto muore per rinascere. Nell'aria gelida i rami secchi si spezzano e cadono, ma sotto un' apparente e statica aridità, l'energia è attiva e presto esploderà in superficie generando nuova vita. Metaforicamente è la "linea di mezzo' che divide il passato dal futuro, la chiusura di un capitolo a cui si affianca una pagina bianca tutta da scrivere.
Il termine che più si adatta a definire il lavoro artistico di Giuseppe Arcimboldo o Arcimboldi (Milano, 5 aprile 1526 – Milano, 11 luglio 1593) è “grottesco". Le sue rappresentazioni sono costruzioni antropomorfe realizzate con frutti, ortaggi, radici,pesci e molto altro .Bizzarre immagini di volti impossibili che uniscono elementi della natura all'uomo in una visione del cosmo in cui "il singolo" è parte di un tutto. Nel 1562 si trasferisce a Vienna, alla corte degli Asburgo su invito del futuro imperatore Massimiliano II, dove raggiunge una notevole fama e riceve lauti compensi. Le opere più rappresentative e ammirate che lo identificano in maniera diretta sono le famose tavole riproducenti i "Quattro Elementi" della visione Aristotelica ( Terra,Fuoco,Acqua e Aria) e "Le Stagioni". Queste ultime, rese come teste riprese di profilo di due uomini (Autunno e Inverno) e due donne ( Primavera e Estate) sono allegorie simboliche del periodo dell'anno di riferimento. L'inverno, un ramo secco come secca è la pelle del viso del vecchio che lo impersona e come lo è la natura raggiunta la fine del suo ciclo vitale. Uniche note di colore, un limone e un arancio che spiccano, penzolanti, in mezzo a tanta aridità. L'Inverno assieme all'Estate, sono i soli dipinti originali rimasti, ma lo stesso Arcimboldo riprodusse diverse copie delle stagioni su richiesta dell'imperatore, le più note delle quali sono conservate nel Museo del Louvre di Parigi.