Dante ” incontra” Albertazzi alla Versiliana

Francesca da Rimini, secondo il Maestro, il vero amore del Poeta fiorentino, del suo rapporto complicato con Beatrice, della passione per l'ardore alla conoscenza di Ulisse, senza mancare di citare aneddoti divertenti su Dante di Flaiano e altri. E attraverso Dante Albertazzi ci racconta di sé, dei suoi amori, dei suoi incontri, di quella professoressa del liceo, che forse è stata la sirena che lo ha ammaliato d'amore per la poesia. E poi i versi di Eliot e ancora tutto quanto è necessario per conoscere fino in fondo il suo rapporto con Dante e, magari, un po' di Dante stesso.

L'attore fiorentino fa suo il testo di Dante, "lo sviscera e ne divora il midollo anche solo con un'intonazione o uno sguardo. E non si limiterà – scrive un noto quotidiano nazionale commentando il debutto di questo straordinario momento di teatro e cultura – a leggere versi scelti del "ghibellin fuggiasco" – come lo definì Ugo Foscolo – in scena verranno chiamati a raccolta tutti gli scrittori che a Dante si sono nei secoli ispirati, per un confronto, a più voci, sull'autore della "Divina Commedia". Perché non ci si può limitare a leggerlo, Dante. Si deve discutere ogni suo singolo passo".

"Certo, ormai lo sanno tutti che sono contemporaneo di Dante – scrive nelle note di regia il Maestro – A parte la boutade, ho intitolato così questo show-conferenza per indicare che lo spettacolo non è tanto "dizione" o "lettura" dei versi; delle prose o della filosofia dantesca, quanto un tentativo di scoprire Dante nella cultura, nelle opinioni, nella cronaca della sua vita e nella storia del suo tempi. Un modo per dargli del "tu" al divino Alighieri, ma anche per scovare i suo vizi e i suoi tic, insomma toglierlo dalla didascalia didattica. Intanto: Dante si può "dire" come si dicono (ancora oggi) o si dicevano i poeti in trattoria? E ridargli quel misterioso afflato del suo eros? Ognuno lo legge per sé: i clericali, i marxisti, i gramsciani, i fascisti. E la lingua? Che lingua è quella di Dante? Si dice che Dante inventa una lingua e che Joyce ne disfa un'altra. L'aspetto più moderno di Dante è il suo viaggio nel linguaggio (è lui che lo inventa, che lo deduce dalle lingue nordeuropee – l'Accademia della Crusca col suo vocabolario viene tre secoli dopo circa). Quella di Dante è una lingua-filtro, eterogenea tessuta di cento innesti e integrazioni, dall'arabo al tedesco". "Non è il fiorentino più di quanto non sia il napoletano" dice Beckett. T.S. Eliot dice che "Dante è il più universale fra i poeti di lingua moderna. C'è più "varietà" in Shakespeare – sostiene sempre Eliot – ma c'è più "universalità" in Dante. Il volgare di Dante è Europa. Borges lo legge da cieco, nel senso che se lo ripete a memoria, e gli sembra di cogliere l'eterno. E questo significa, forse, che l'eterno esiste. "Questa elegante speranza rallegra la mia solitudine – dice il vecchio Borges ottantaduenne.

Uno spettacolo per dimostrare che Dante non è noioso; che Dante è erotico e talvolta anche morboso. Che Dante è il nostro DNA.

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